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AVVOCATO DIRITTO PENALE
AVVOCATO ALESSANDRA SILVESTRI
Via San Vittore, 20 - 20123 Milano
tel.02 5519.3777 - fax 02 5518.0889
amministrazione@avvocatoalessandrasilvestri.it
Foto di Lorenzo Scaccini

I nostri assistiti




PRIVATI - Assistenza alle vittime dei reati

Quanto invece all’assistenza alla vittima di reati (tecnicamente, la persona offesa), primo e fondamentale obiettivo è quello di assicurare la linearità e la completezza della prova da offrire non solo, nell’immediato, al Pubblico Ministero, ma anche successivamente al Giudice del dibattimento, affinché il colpevole del reato sia condannato alla pena di giustizia nonché al pagamento del risarcimento dovuto.

La necessaria collaborazione con la pubblica accusa (ossia, in generale, con il Pubblico Ministero), contemplata dalla struttura generale del processo penale, non deve tuttavia essere intesa come la semplice replica, da parte della difesa della vittima del reato, delle ipotesi raccolte e descritte dagli inquirenti: essa dovrà invece rappresentare la ragionata, organizzata ed efficace iniziativa della parte privata, affiancata a quella del Pubblico Ministero, affinché i propri interessi ricevano piena tutela nel procedimento penale, e possano in esso trovare la più ampia soddisfazione.

Spesso infatti la pubblica accusa – che deve farsi portatrice degli interessi della collettività – non può o non è in grado di far emergere in modo pieno e compiuto il vissuto traumatico di chi è rimasto vittima di un reato. Spetta al difensore far sì che le conseguenze traumatiche, i pregiudizi economici e spesso esistenziali (i danni) patiti dalla vittima trovino nel processo lo spazio che meritano e possano quindi ricevere nel processo stesso adeguata valutazione.

Diversa è infatti, rispetto a quella del Pubblico Ministero, la posizione del difensore. A stretto contatto con il cliente, in grado di coglierne dubbi e sofferenze, il difensore può avvalersi senza formalità del fondamentale contributo del proprio assistito: chi infatti può conoscere, meglio della vittima, lo svolgimento dei fatti e le conseguenze che gli stessi hanno prodotto? In tal senso il difensore può e anzi deve rappresentare ogni aspetto di vicende che interessino in prima persona il privato cittadino che si trovi a essere persona offesa nel procedimento penale.

All’avvocato infine spetterà il compito di descrivere e spiegare al proprio assistito le fasi e gli accadimenti tipici del procedimento penale, nonché quello di suggerirgli la migliore condotta (atteggiamenti, iniziative, decisioni di natura pratica) da assumere in prima persona durante lo svolgimento del processo.

Anche sul piano più tecnico dell’individuazione di fonti di prova a carico del sospettato/indagato, il difensore potrà infine interloquire con il Pubblico Ministero in modo costante e diretto, per fornire a quest’ultimo indicazioni circa atti di indagine necessari e opportuni. Accanto alla ricerca di prove svolta dal Pubblico Ministero (e, per suo tramite, dalla polizia giudiziaria), il difensore potrà anche svolgere direttamente attività di indagine, fornendo all’Autorità Giudiziaria gli esiti delle cosiddette investigazioni difensive (secondo le facoltà affidate al difensore dalla legge 397/2000).

 


PRIVATI - Assistenza agli incolpati di reato

Il primo obiettivo dello Studio Silvestri è quello di organizzare la migliore tutela del proprio assistito, che sia indagato o ritenuto responsabile di un reato.

Lo scopo è quello di organizzare una difesa volta non solo a contrastare e respingere le ipotesi accusatorie, ma anche a proporre al Giudice (o al Pubblico Ministero durante la fase delle indagini preliminari) gli elementi a favore dell’accusato, per la migliore e più efficace tutela dei suoi diritti.

Determinante è, in tal senso, l’ascolto dell’assistito: è proprio da quest’ultimo che l’avvocato, suo difensore, potrà avere le prime notizie fondamentali da approfondire e in seguito da porre al centro della linea difensiva. Una corretta comunicazione tra avvocato e assistito – anche con riguardo alle spese da affrontare – è infatti l’elemento fondamentale per far nascere un reciproco rapporto di fiducia.

Durante la fase delle indagini preliminari massima sarà l’attenzione per la tutela dei diritti dell’indagato, soprattutto se ristretto in stato di custodia cautelare. È in questa fase che la difesa deve svolgere l’attività di acquisizione della prova contraria oppure avvalersi di indagini investigative difensive, necessarie per formalizzare eventuali elementi a favore dell’assistito.

Massima attenzione verrà anche prestata al rispetto delle formalità da parte dell’Autorità Giudiziaria nei propri provvedimenti e nelle proprie decisioni. Il rispetto per le forme prescritte rappresenta la sostanza stessa della legge (e della procedura penale) e, insieme, il primo baluardo dei diritti dell’indagato o dell’imputato.

Al termine della fase delle indagini preliminari si potrà avere accesso ai documenti dell’accusa e alle prove raccolte e quindi avere la visione completa di ogni aspetto relativo agli addebiti mossi all’indagato.

Ancora una volta il dialogo con l’assistito occuperà un ruolo centrale: non solo per l’organizzazione del lavoro ma anche, e in particolare, per la costruzione di una visione congiunta degli atti a carico tra avvocato e assistito.

Proprio grazie alle indicazioni dell’assistito potranno essere individuati punti deboli dell’accusa e fonti di prova a discarico. Si tratterà di organizzare la strategia migliore non solo per la fase delle indagini e dell’eventuale giudizio, ma anche per la riduzione di potenziali future conseguenze negative.

Qualora, al termine delle indagini preliminari, non vi fosse un provvedimento di archiviazione, occorrerà valutare la scelta del rito più opportuno, per affrontare la fase del giudizio. Con ciò andrà valutato l’eventuale accesso a uno dei riti premiali previsti (giudizio abbreviato o il cosiddetto patteggiamento), nella più piena consapevolezza, da parte dell’assistito, dei possibili vantaggi.

 Nel caso la scelta ricada per il dibattimento (ossia il cosiddetto rito ordinario) gli aspetti centrali saranno lo studio degli atti processuali, la preparazione delle udienze, la scelta e la valutazione delle produzioni documentali, l’analisi di eventuali nullità degli atti e delle loro ricadute, la citazione dei testimoni, l’esame (e il controesame) dei testi propri e contrari: anche attraverso eventuali collaborazioni con altri professionisti, lo Studio affronterà con precisione e tenacia tutti questi aspetti, con l’obiettivo di seguire, vagliare e controllare il flusso di prove e informazioni destinate a confluire nel processo.

A seguito del giudizio di primo grado sarà valutata l’opportunità di proporre appello o, in fase successiva, ricorso per cassazione, cercando di contemperare le esigenze di tutela e la domanda di giustizia con le reali possibilità di successo e gli oneri economici che deriverebbero.

 Infine nella fase dell’esecuzione (successiva all’irrevocabilità della sentenza) occorrerà eventualmente collaborare con i servizi sociali o con altri enti che possano intervenire per aiutare il condannato ad affrontare l’espiazione nel modo più consapevole e costruttivo possibile, in modo da bilanciare le necessarie esigenze di tutela (l’inflizione della pena) con un concreto percorso di crescita e cambiamento e un’autentica comprensione del delitto commesso.


AZIENDE - Il diritto penale d'impresa

Con un settore specializzato in materia, lo Studio si occupa anche dei reati inerenti la dimensione societaria e imprenditoriale, ossia la vita quotidiana della società e dell’imprenditore. Molti sono, da questo punto di vista, i reati che vengono affrontati: bancarotta, false comunicazioni sociali, appropriazioni indebite, truffe e – ancora – reati tributari e ambientali, nonché la vasta area del diritto penale del lavoro.

Alle responsabilità che possono coinvolgere le persone fisiche si affiancano oggi gli aspetti descritti nel d. lgs. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”), che ha introdotto nell’ordinamento italiano la cosiddetta responsabilità penale delle persone giuridiche. A seguito di tale innovazione legislativa, le società, gli enti e le associazioni (anche qualora privi di personalità giuridica, come recita il testo sopra riportato) possono essere direttamente chiamati a rispondere in sede penale di eventuali illeciti (ad esempio commessi da propri dipendenti) e condannati all’esborso di ingenti sanzioni pecuniarie.

L’intervento penalistico coinvolge infatti molteplici settori e diversi “momenti” dell’attività d’impresa e della vita delle società. Accanto ai “classici” – ma non per questo meno vasti e attuali – temi del diritto penale negli ambiti fallimentare, societario, tributario e del lavoro, negli ultimi decenni hanno assunto un rilievo sempre maggiore ulteriori profili patologici dell’attività economica: sono, questi, il frutto di mutamenti profondi.

Così come sono mutate la produzione e la circolazione dei capitali, così si è evoluta la sensibilità del legislatore rispetto alla realtà d’impresa e al suo impatto sulla società e su diverse categorie di soggetti (e di privati) che possono essere coinvolti. In tal senso un ruolo nevralgico spetta oggi ai temi del diritto penale finanziario, del contrasto alla circolazione di capitali illeciti, della criminalità informatica e della responsabilità ambientale e – per tornare alle novità del d. lgs. 231/2001 – della responsabilità amministrativa dell’ente.

 Grande rilievo ha anche l’analisi delle possibili implicazioni derivanti da reati fallimentari, ossia di quei reati che potenzialmente conseguono alla dichiarazione di fallimento, alla quale sono soggetti imprenditori e società.

Sia le norme incriminatrici (ossia penali) che gli aspetti civilistici del fallimento trovano collocazione all’interno di una legge speciale, la cosiddetta legge fallimentare.

Secondo il disposto di questo testo normativo, per addebitare a qualsivoglia soggetto una condotta rientrante tra i cosiddetti reati fallimentari occorre quindi una specifica qualifica soggettiva: è necessario cioé che il soggetto che ha agito sia un imprenditore commerciale o una società, oppure uno dei soggetti (l’amministratore o il liquidatore, ad esempio) che rappresentano la società.

Il procedimento penale si apre a seguito della denuncia effettuata dal curatore fallimentare.

Quest’ultimo ha infatti l’obbligo di presentare al Giudice una dettagliata relazione sulle cause e sulle circostanze del fallimento. Tale relazione dovrà contenere alcuni indici di valutazione dello “stato di salute” dell’attività nelle fasi precedenti il fallimento. Molti sono gli aspetti che dovranno essere descritti: la diligenza osservata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, il tenore della vita privata dell’imprenditore e della sua famiglia, la personale responsabilità dell’imprenditore medesimo e, più in generale, tutto quanto possa rilevare anche ai fini dell’istruttoria penale.

Se la procedura fallimentare riguarda una società, nel redigere la relazione il curatore dovrà raccogliere informazioni relative anche agli altri “attori” della vita societaria: gli amministratori, i componenti del collegio sindacale (ovvero dell’organo di controllo), i soci ed eventuali terzi estranei.

La Procura della Repubblica riceve tale relazione, nella quale il curatore dovrà aver obbligatoriamente evidenziato anche eventuali fatti che – a suo avviso – integrino gli estremi di reati, che dovranno poi essere esaminati dall’Autorità Giudiziaria.

Tra i cosiddetti reati fallimentari rivestono particolare importanza i reati di bancarotta, che sono infatti punibili non in quanto tali, ma solo quando l’imprenditore venga dichiarato fallito. 

AVVOCATO ALESSANDRA SILVESTRI
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