Delitti contro la fede pubblica

16/01/2025

E’ falsa la dichiarazione di chi è domiciliato “di fatto” da più di dieci anni in Italia senza aver avuto la residenza anagrafica registrata presso il Comune per un periodo corrispondente?

art. 7 comma 1 DL 4/2019

 

In merito a ciò, la Sentenza del Tribunale di Milano Sez. GIP n.24/3215 del 24 ottobre 2024 ha affrontato un caso interessante relativo ad una cittadina straniera cui era stato per l’appunto contestato il reato di cui all’art. art. 7, comma 1, DL 4/19 che punisce chi ha reso una falsa dichiarazione per ottenere l’erogazione (indebita) del reddito di cittadinanza.

La questione pare rilevante per tutte le persone, per la maggior parte straniere, che, spesso inconsapevolmente, hanno richiesto e ottenuto il RdC senza soddisfare questo requisito e hanno successivamente ricevuto provvedimenti di revoca e richiesta di restituzione da parte dell’INPS così come la contestazione di un reato con conseguente pericolo di condanna anche in sede penale.

Nello specifico, all’interessata veniva contestato di aver dichiarato falsamente di risiedere in Italia da più di dieci anni, come prescritto dalla normativa relativa all’assegnazione del reddito di cittadinanza, senza che di tale requisito vi fosse traccia nei registri del Comune indicato nella domanda.

Il quesito che si è posto il giudicante in merito alla vicenda processuale è stato sostanzialmente se il parametro da considerare ai fini della integrazione del reato fosse la presenza effettiva del richiedente sul territorio piuttosto che la mera registrazione della residenza anagrafica. Il quesito è stato risolto dal Giudice ritenendo come la residenza anagrafica abbia un valore presuntivo e che possa essere superata dalla prova contraria della effettiva permanenza sul territorio dello straniero ininterrottamente per 10 anni, prova che in questo caso si è ritenuta raggiunta.

L’imputata infatti pur non risultando regolarmente iscritta all’anagrafe del Comune dove era domiciliata da ben più di dieci anni, forniva però la prova della propria domiciliazione attraverso una iscrizione anagrafica atipica effettuata dai servizi sociali anni prima, ed aveva potuto regolarizzare la propria posizione solo nel 2015 quando aveva potuto stipulare un regolare contratto di affitto e registrarsi al Comune di residenza.

Sotto questo profilo questa sentenza conferma una simile pronuncia  del 06.04.2024 del Tribunale di Spoleto: in questo caso il Giudice aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di una cittadina rumena a cui veniva contestato il reato in quanto era stata provata la residenza di fatto in Italia da più di 10 anni.

Nel caso esaminato dal Tribunale di Spoleto, anche il fatto di essersi recata presso un ufficio del CAF per farsi assistere nella compilazione della domanda, denotava, ad avviso del Giudice, la convinzione di essere “in regola” e dunque la mancanza di volontarietà nella condotta e dunque del reato.

Anche in questo caso vi è stato un precedente molto simile affrontato al Tribunale di Padova (sentenza 25.04.2024) riguardante una cittadina nigeriana che aveva percepito il RdC senza essere in possesso dei requisiti di residenza e cittadinanza. Anche in questo caso, secondo la Giudice la scarsa conoscenza della lingua italiana e la probabile mancata informativa completa da parte del CAF non permettevano di stabilire l’esistenza di dolo da parte dell’imputata.

Questi casi evidenziano l'importanza di considerare la residenza "di fatto" come parametro alternativo rispetto alla residenza anagrafica, evitando condanne laddove si dimostri l’effettiva permanenza da più di dieci anni e/o manchino volontarietà e consapevolezza della falsa dichiarazione.




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