Reati tributari

20/03/2025

Dissequestro ad opera del Tribunale del riesame in relazione al reato di cui all'art. 11 del d.lgs n. 74/2000. Impignorabilità dell'unica abitazione di proprietà. Effetto estensivo del provvedimento del riesame.

Dissequestro ad opera del Tribunale del riesame in relazione al reato di cui all'art. 11 del d.lgs n. 74/2000. Impignorabilità dell'unica abitazione di proprietà. Effetto estensivo del provvedimento del riesame.

Un interessante caso trattato dallo studio riguarda un’indagine in cui un soggetto è accusato di aver partecipato a un’operazione volta a rendere inefficace la riscossione di un debito fiscale ed in quanto tale punibile in ragione dell' art. 11 del d.lgs n. 74/2000. Per questo motivo, il 25 novembre 2024, il Giudice per le Indagini Preliminari disponendo a carico del proprietario il sequestro preventivo dell'immobile che si assumeva sottratto all'esecuzione coattiva, sequestra altresì una somma di 3.150,00 euro, ritenendola collegata al presunto reato.

Il Tribunale del Riesame di Torino, adito dal proprietario dell'immobile, ha annullato il provvedimento di sequestro nei suoi confronti, ritenendo che il reato contestato non sussistesse. 

Il provvedimento ha centrato la sua motivazione su un punto fondamentale: l’operazione al centro dell’accusa non avrebbe comunque potuto ostacolare la riscossione del debito, perché l’immobile coinvolto era impignorabile per legge ai sensi dell’art. 76 del DPR 602/1973. Questo articolo prevede che l’unica abitazione di proprietà di un debitore, se adibita a uso abitativo e residenza anagrafica dello stesso, non può essere sottoposta a espropriazione da parte dell’ente della riscossione, a meno che non rientri nelle categorie di lusso.

Tale principio è stato più volte confermato dalla giurisprudenza e ribadito di recente dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 32759 del 16 dicembre 2024, la quale ha riaffermato l’impignorabilità dell’unico immobile abitativo del debitore. 

In questo contesto interpretativo, il Tribunale del Riesame ha escluso la configurabilità del fumus commissi delicti, ovvero della possibilità che il fatto contestato costituisca reato. Pur trattandosi di un’ipotesi di reato di pericolo, che non richiede un danno concreto ma solo una condotta idonea a ostacolare la riscossione coattiva, nel caso specifico la condotta non poteva comunque costituire un’illecita sottrazione di beni, dato che l’immobile non era soggetto ad azioni esecutive.

Il coindagato, cui era stata sequestrata la somma in denaro, era stato  accusato di aver concorso nell’operazione insieme agli altri soggetti coinvolti, con l’intento di rendere inefficace la procedura di riscossione. Tuttavia, se il reato non sussiste per gli altri indagati, non può sussistere nemmeno per lui, e così il sequestro deve decadere nei suoi confronti, anche se non oggetto di impugnazione.

In ambito penale, esiste il principio dell’effetto estensivo dell’impugnazione, che si è ritenuto possa estendersi a quella cautelare: quando un provvedimento è annullato per un coindagato, gli effetti favorevoli possono essere automaticamente estesi anche agli altri, se il vizio del provvedimento è comune a tutti. Questo principio è stato riaffermato dalla Cassazione (Sez. 5, n. 8929/2024), secondo cui la frammentazione delle impugnazioni non esclude l’applicazione dell’effetto estensivo quando il vizio riguarda l’intera imputazione. Inoltre, l’art. 587 c.p.p. disciplina espressamente questa possibilità, consentendo a chi non ha proposto impugnazione di beneficiare degli effetti favorevoli di una decisione ottenuta da un altro indagato, se vi è un interesse comune. Questo vale soprattutto quando, come in questo caso, la decisione riguarda un elemento essenziale dell’imputazione, ovvero l’esistenza stessa del reato, e non semplici aspetti individuali dei singoli concorrenti.

Alla luce di questi elementi, il sequestro è stato revocato anche nei confronti del coimputato non impugnante, e la somma restituita, perché è stato accertato che il reato ipotizzato non può configurarsi.

Mantenere la misura cautelare avrebbe infatti costituito un sacrificio ingiustificato per l’indagato, privo di fondamento giuridico e in contrasto con i principi di equità e giustizia.

Semplice e corta: 

Tutto inizia con un’accusa: un gruppo di persone viene indagato per aver cercato di ostacolare la riscossione di un debito fiscale, condotta punita in ragione dell' art. 11 del d.lgs n. 74/2000. Tra loro, anche un soggetto che si vede sequestrare 3.150,00 euro, ritenuti profitto dell’operazione illecita.

Ma qualcosa non torna. Il Tribunale del Riesame, analizzando il caso, stabilisce che il reato non sussiste, perché l’immobile al centro della vicenda non poteva comunque essere pignorato, essendo protetto dalla legge. Infatti, l’unica abitazione di proprietà di un debitore, se adibita a uso abitativo e residenza anagrafica dello stesso, non può essere sottoposta a espropriazione da parte dell’ente della riscossione. Di conseguenza, il sequestro viene annullato per gli indagati che hanno fatto ricorso.

A questo punto, sorge una domanda: se il reato non esiste, perché il sequestro dovrebbe valere per i coindagati non ricorrenti? Il principio dell’effetto estensivo dice chiaramente che, se un provvedimento viene revocato per alcuni, deve valere anche per chi si trova nella stessa situazione qualora la decisione riguardi un elemento essenziale dell’imputazione, ovvero l’esistenza stessa del reato.

Ecco perché anche l'imputato non ricorrente ha ottenuto la restituzione della somma sequestrata.

Mantenere il sequestro sarebbe stato ingiusto, perché basato su un’accusa riconosciuta infondata, pur in via cautelare, per gli altri. La legge non può applicarsi a macchia di leopardo: se il reato non sussiste per alcuni, non può sussistere per nessuno.





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