Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.

CHIUDI


AVVOCATO DIRITTO PENALE
AVVOCATO ALESSANDRA SILVESTRI
Via San Vittore, 20 - 20123 Milano
tel.02 5519.3777 - fax 02 5518.0889
amministrazione@avvocatoalessandrasilvestri.it
Foto di Lorenzo Scaccini

Delitti contro la famiglia

28/04/2015

Impossibilità di corresponsione dell’assegno di mantenimento per condizioni patrimoniali incolpevoli

Obbligo di mantenimento per figli minori (art. 3, l. 54/2006 in relaz. agli artt. 12-sexies, l. 898/1970 e 570, co. 1 e 2 c.p.)

L’assistito era imputato per la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento per il figlio minore, oltre ai relativi indici di adeguamento Istat, come disposto dalla pregressa sentenza di separazione.

Il procedimento traeva origine da denuncia-querela della ex moglie dell’imputato, a seguito della quale il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso decreto penale di condanna. Nei confronti di quest’ultimo l’imputato formulava opposizione e richiesta di giudizio immediato ai sensi dell’art. 461 co. 3 c.p.p.

In sede dibattimentale, questa Difesa procedeva a esame dell’imputato ex art. 208 c.p.p. e chiedeva l’acquisizione di copiose fonti documentali: da queste emergeva perentoriamente che l’imputato aveva fatto fronte continuativamente agli obblighi alimentari, nonostante le precarie condizioni economiche, a loro volta determinate dalla perdita del lavoro e dal conseguente accumularsi di debiti. Nei periodi di grave indisponibilità, l’imputato aveva ridotto gli importi – in misura peraltro non decisiva – non facendo però mai venire meno al figlio il sostentamento.

L’imputato aveva peraltro già ottenuto dal Tribunale la riduzione dell’assegno in forza delle mutate condizioni patrimoniali e di una situazione di disoccupazione «neppure sufficiente a soddisfare i bisogni di vita».

Proprio attraverso tali fonti di prova, la Difesa ha dimostrato – come riconosce la sentenza – che «l’imputato non ha adempiuto in modo esatto all’obbligazione pecuniaria sullo stesso gravante», ma «emerge altresì che tale inadempimento non sia volontario, bensì sia imputabile ad un’oggettiva impossibilità di adempiere riconducibile alla situazione economica precaria dell’imputato» (pag. 7 della sentenza allegata).

Rilevava altresì questa Difesa come l’imputato non fosse rimasto inerte di fronte alla perdita del lavoro, ma si fosse al contrario tempestivamente attivato per porvi rimedio. In tal senso si era trattato – come emerso dall’istruttoria – di una «causa di forza maggiore».

Le produzioni documentali della Difesa hanno svolto un ruolo strategico non solo per ripercorrere un percorso umano – quello dell’imputato – intessuto di non lievi difficoltà, ma anche nel sottolineare l’assenza di qualsivoglia intento doloso o malevolo e, al contrario, la volontà di prodursi nel maggior sforzo possibile per l’adempimento dell’obbligo, nonostante le condizioni economiche, cui anche gli approdi più recenti della giurisprudenza di legittimità hanno dato ormai rilievo decisivo. Attraverso le produzioni documentali, la Difesa è riuscita peraltro a porre in luce come la condotta della querelante fosse in più di un’occasione ispirata da intenti contraddittori e talora malevoli nei confronti dell’ex coniuge, sfociati in parallele iniziative giudiziarie nonché in significative omissioni, ad es. in sede di sommarie informazioni rese durante le indagini preliminari o addirittura nel rifiuto di ritirare i vaglia postali inviati dall’imputato per gli importi in oggetto, adducendo fittizia irreperibilità.

Al di là della descrizione di tale contesto (di cui pure la sentenza fornisce ampio resoconto), il Tribunale ha quindi riconosciuto l’operare di una causa di giustificazione con riguardo alla diminuita o addirittura intermittente capacità reddituale dell’imputato – il quale si trovava in situazione di incolpevole indigenza – e ne ha quindi deciso, in applicazione del principio generale “ad impossibilia nemo tenetur”, l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.




Trib. Milano, Sez. Decima Penale
AVVOCATO ALESSANDRA SILVESTRI
Via San Vittore, 20 - 20123 Milano
tel.02 5519.3777 - fax 02 5518.0889
info@studiolegalesanvittore20.it

Chiama 02 5519.3777